Sequestrata nell’ Oceano Indiano una maxipetroliera saudita con 25 persone a bordo. Chiesto un riscatto di 25 milioni di dollari. La nave, grande come tre portaerei, ha a bordo due milioni di barili di greggio.
Negli ultimi mesi siamo stati frequentemente “informati” sulla crescita degli atti di pirateria in mare. L’argomento, trattato spesso in maniera romanzata e sfruttando il fascino della parola pirati non è mai stato degno di un serio approfondimento. Quello che mi ha colpito di questa vicenda sono le sue enormi dimensioni e le ricchezza del mondo del petrolio. Pensate, una sola nave, in un solo viaggio trasporta petrolio per 100 milioni di dollari. La Sirius Star, grande come tre portaerei, è stata catturata da un gruppo di somali mentre navigava a circa 800 km a sud est di Mombasa (Kenya). A bordo un equipaggio costituito in tutto da 25 persone: diciannove filippini, due polacchi, due britannici, un croato e un cittadino dell’Arabia Saudita. Nelle stive della nave, lunga 330 metri, sono stipati due milioni di barili di greggio ( più di un quinto della produzione giornaliera di greggio dell’Arabia Saudita).
I pirati, dopo aver condotto la nave in un porto sicuro hanno chiesto un riscatto di 25 milioni di dollari.
Inutile dire che la prima speranza è che la vicenda si concluda al più presto senza danni per i 25 ostaggi, ma anche altre riflessioni mi passano per la testa. Pur di alzare i guadagni le compagnie petrolifere (la gigantesca petroliera, 318.000 tonnellate di stazza e grande tre volte una portaerei, appartiene alla società armatrice ‘Vela International Marine’, sussidiaria del colosso petrolifero saudita ‘Aramco’) hanno costruito queste mostruosità che sono delle vere e proprie “bombe atomiche”, come al solito nella logica del più trasporto e più guadagno si passa sopra a tutto il resto, anche quando il resto riguarda tutti noi.