Un’intervista rilasciata lo scorso anno ad Alessandro Ambrosin, di grande attualità. Ve la ripropongo nelle due versioni (italiano e inglese).
A fronte degli ultimi tragici episodi verificatosi nel delta del Niger, Raul Mantovani, Paolo Cacciari, Alì Rashid e Sabina Siniscalchi, del Prc hanno presentato un’interrogazione parlamentare, chiedendo al governo, fortemente presente sul territorio con il gruppo Eni, di rilanciare una nuova apertura di dialogo con il neo parlamento Nigeriano. Le richieste espresse dal Prc sono chiare ed esplicite. Nell’interrogazione si chiede all’Eni di rivedere i propri impegni e i programmi di sfruttamento petrolifero nella regione del Delta, risanare il territorio dall’inquinamento e garantire le ricadute economiche positive anche per le popolazioni locali. In caso non dovessero perdurare le condizioni di sicurezza e di mancanza di collaborazione si chiede all’Eni di rinunciare alle proprie concessioni e ritirarsi dall’area. Prerogative, che di fatto darebbe un impulso positivo alle drammatica situazione che colpisce le popolazioni e il territorio del delta del Niger.
La Nigeria, lo stato più popolato dell’Africa con i suoi 132 milioni di abitanti, detiene il primato negativo per aver subito la più violenta depradazione territoriale negli ultimi cinquant’anni. Omicidi di massa, violazioni dei diritti umani non destano più quell’attenzione mediatica se non per la mera divulgazione di episodi eclatanti che captano il temporaneo interesse degli organi d’informazione, per cadere subito dopo nel dimenticatoio.
Lo stato nigeriano si attesta all’ottavo posto per la produzione mondiale di petrolio, con i suoi 2,5 milioni di barili prodotti ogni giorno. La zona del Delta del Niger, ricca dell’oro nero, è da sempre il territorio più ambito per le multinazionali, a cominciare dal colosso Shell che controlla circa la metà del greggio, seguita da Total, Mobil, Elf, Texaco, Chevron e l’italiana Agip. La massiccia colonizzazione industriale ha inizio verso la fine degli anni 50, beneficiando, attraverso lauti compensi versati ai governatori nigeriani, di garanzie militari a difesa dei nuovi domini economici. La realizzazione dei giacimenti petroliferi delle multinazionali darà luogo ben presto ad una violenza inaudita contro le comunità indigene che si opporranno a tale progetto.
Le 250 minoranze etniche espropriate dal loro habitat naturale, sono le prime a pagare le dure conseguenze, obbligate a lasciare i territori per dare spazio ai nuovi insediamenti per l’estrazione e la lavorazione del greggio.
Se da un lato l’abuso plateale dei territori ha determinato una distruzione ecologica senza eguali, dall’altro, la condizione sociale dei nigeriani ha subito un colossale impoverimento. Le ingenti somme che ricavano le multinazionali con la complicità del governo, sono in piena contraddizione con la reale condizione dei nigeriani, costretti a sopravvivere con un dollaro al giorno, in territori depressi, in assenza di acqua potabile e di fognature. Un ambiente, di fatto, sempre più compromesso dall’inquinamento e dalle malattie epidemiche. Il disboscamento, le cospicue perdite di greggio dai pozzi e dalle condutture in superficie obsolete hanno generato una situazione che non è più giustificabile. Le fughe di gas, a differenza degli altri pozzi nel mondo, non vengono recuperate, ma bruciate nell’aria. Questa pratica – gas flaring – è adottata da tutte le multinazionali nel delta del Niger. La conseguenza è drammatica, la Nigeria è il primo paese al mondo per emissioni di CO2.
Nel novembre 2004 Amnesty International ha stilato un rapporto intitolato – Nigeria: i diritti umani nell’oleodotto – , dove emerge il continuo perpetuare di violazioni dei diritti umani che i nigeriani subiscono quotidianamente.
Le battaglie sociali ed ecologiche sollevate dalle popolazioni locali hanno raggiunto epiloghi drammatici. Ken Saro-Wiwa, reo di aver denunciato e lottato per la difesa del territorio e delle popolazioni, fu impiccato, sulla base di un falso processo, con altri otto connazionali il 10 novembre 1995. Non fu un caso isolato, la repressione resta, purtroppo, l’unica risposta al dissenso di un popolo colpevole di rivendicare i propri diritti. Nel delta del Niger le multinazionali, grazie all’appoggio di un governo sempre più corrotto, beneficiano di una concessione particolare che li rende potenzialmente soggetti a qualsiasi diritto territoriale, nella completa assenza di politiche anti-inquinamento.
Abbiamo incontrato Edo Dominici, dell’Onlus ASud, l’associazione italiana che affianca dal 2003 i movimenti sociali e indigeni del mondo attraverso progetti di cooperazione internazionale.
L’impossibilità di acquisire notizie certe dalla Nigeria nella loro completezza crea interpretazioni a volte fuorvianti, quale effetto di una manipolazione mediatica ben congeniata. Resta il fatto che della Nigeria si parla troppo poco. Per quale motivo?
In questo territorio le fonti di notizie sono pochissime e tutte controllate dalle multinazionali e/o dal Governo Nigeriano. Entrambi hanno tutto l’interesse a manipolare una realtà di cui sono i principali responsabili. Il 26 Dicembre, ad esempio, quando a Abule Egba, a nord di Lagos, dopo un’esplosione che aprì una falla nell’oleodotto e in cui perirono 500 persone, la gente si riversò in massa sul luogo, spinta da una condizione al limite della sopravvivenza, per riempire taniche e bottiglie del prezioso oro nero. La stampa locale parlò di uno spiacevole incidente causato da un tentativo di furto. Il 21 aprile del 2004, la Cronica, quotidiano spagnolo, diede addirittura un’immagine pittoresca dei dissidenti, descrivendo l’etnia Ijaw, – un popolo che indossa amuleti per rendersi invulnerabile alle pallottole – . E’ indubbio che la notizia fosse finalizzata a sminuire le capacità di condurre serie richieste politiche.
Come reperite le notizie da questi luoghi e che tipo di collaborazione avete intrapreso in Nigeria in tal senso?
Grazie ad uno strumento, come Internet, abbiamo seguito in questi anni la vicenda Nigeriana. La nostra associazione, ASUD ha un accordo di collaborazione con la rappresentanza in Italia del MOSOP (Gli Ogoni di Saro Wiwa). Abbiamo attivato una rete di rapporti con giornalisti e organizzazioni italiane che seguono la vicenda Nigeriana e con le quali abbiamo un continuo scambio d’informazioni. Oltre a questo abbiamo rapporti anche con una Ong Nigeriana che opera direttamente sul Delta .
Le azioni contro i siti petroliferi e i rapimenti ad opera del Mend, da un lato, e la repressione del governo, dall’altra. hanno raggiunto dei livelli senza precedenti. Basti pensare ai 200 morti del dopo elezioni del neo presidente Yar’Adua. Come avete agito in questa situazione?
Premetto che il Mend, (Movement for the Emancipation of the Niger Delta), non è voluto entrare nella vicenda elettorale. “La scarsa attendibilità delle elezioni, – ha dichiarato Jomo Gbomo, portavoce del Mend – non porteranno ad alcun cambiamento, infatti per evitare false strumentalizzazioni il 4 Aprile (15 giorni prima dalle elezioni ndr) abbiamo liberato tutti gli ostaggi.” Oggi a compiere le azioni di sabotaggio armato nelle installazioni delle multinazionali sono soprattutto, ma non solo, i guerriglieri del Movimento di emancipazione del Delta del Niger (Mend, nell’acronimo inglese). Non è un’organizzazione guerrigliera nel senso classico del termine, ma più un ombrello che racchiude diverse sigle e diverse componenti. Una frammentazione “operativa” che riflette la complessità etnica e sociale della regione del Delta. La nostra Associazione ha iniziato a denunciare quanto stava accadendo dall’inizio del 2006, quando il MEND aveva dimostrato tutta la sua capacità di azione e di intervento nella zona del Delta. Le azioni si sono intensificate nel corso del 2006 ed oltre 80 stranieri sono stati rapiti e poi rilasciati nella zona. Sin dall’inizio abbiamo denunciato la situazione come – una guerra a bassa intensità occultata dalle Multinazionali – attraverso il controllo dei media, in particolare dall’ENI per quanto riguarda l’Italia. Nel dicembre 2006, abbiamo lanciato un primo appello al Governo italiano, insieme a Padre Zanotelli ed altre organizzazioni per “liberare gli ostaggi e disinquinare la Nigeria”. Il 6 febbraio 2006, abbiamo incontrato il presidente della Camera Fausto Bertinotti, il capogruppo alla Camera Gennaro Migliore e il Ministro del’Ambiente, Pecoraro Scanio, per segnalare l’esplosività della situazione, chiedendo di intervenire tempestivamente sull’ENI.
I rapimenti dei tecnici delle compagnie petrolifere, come gli attacchi ai siti delle multinazionali si stanno moltiplicando. Sembra essere l’unico modo per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica. Riuscite ad operare e coordinarvi in questi luoghi nonostante la drammatica situazione?
E’ vero, lo stesso MEND non lo nega, i rapimenti vengono utilizzati per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle drammatiche condizioni di vita delle popolazioni del Delta, principalmente gli Ijaw che con i suoi 14 milioni di persone sono la più povera etnia nigeriana, dalla quale provengono i componenti del MEND. La nostra attività, tra mille difficoltà, come ho evidenziato, si svolge soprattutto nel territorio nazionale attraverso una fitta operazione di sensibilizzazione.
Il Mend potrebbe segnare l’inizio di un cambiamento in positivo per questo popolo, oppure, vista la dilagante corruzione, potrebbe esclusivamente battersi per poi successivamente ottenere una fetta di questo mercato miliardario. Cosa ne pensi?
Noi non siamo entrati nel merito di come il MEND abbia portato avanti la sua battaglia, ma abbiamo rilevato come le richieste portate avanti siano ragionevoli. Esigenze legittime che si basano sulla fine del saccheggio indiscriminato del territorio, ad un’equa ripartizione delle ricchezze petrolifere, al risarcimento del debito ecologico e alla fine della presenza militare. L’esercito nigeriano, infatti, si è spesso contraddistinto per la brutalità della repressione. Ad agosto, dopo il fallimentare dialogo tra governo e i poteri forti delle multinazionali, l’esercito ha lanciato una serie di operazioni di “rastrellamento”. Decine di civili sono stati uccisi e i villaggi sospettati di aiutare i guerriglieri sono stati rasi al suolo.
Esiste una speranza…..
Noi crediamo di sì.
Ma è necessario l’impegno di tutte le parti in causa, in primis le multinazionali del petrolio che hanno una grandissima libertà di azione e un’enorme influenza sul Governo Nigeriano. Noi riteniamo che le multinazionali dei Paesi ricchi abbiano contratto un grande debito ecologico con le popolazioni del Delta. Qui in un ecosistema fluviale fragilissimo, tra mangrovie ed antiche etnie, le popolazioni prima vivevano di agricoltura e di pesca, ora sono relegati ad una condizione inumana.
La foresta è invasa dalle fiamme dei pozzi e dalle esplosioni causate dal devastante fenomeno del gas flaring, pratica tra l’altro, proibita in molte parti del mondo. I pennacchi di fuoco sono così imponenti che si possono distinguere nettamente dalle riprese satellitari. Con il gas flaring si disperdono nell’aria tossine inquinanti come il benzene, che tra le popolazioni locali ha provocato l’aumento in maniera esponenziale di tumori e di malattie respiratorie quali la bronchite e l’asma.
I fiumi sono ormai un magma nerastro e inquinatissimo.
Noi proponiamo che quel gas venga recuperato ed utilizzato per lo sviluppo delle popolazioni locali, mentre le Compagnie, in prima fila l’ENI, stanno costruendo 3 Liquefatori, per poter esportare il gas negli impianti di rigassificazione europei e americani, perpetrando l’ennesimo scippo delle risorse. Il gas Nigeriano sarà utilizzato per alimentare la rete delle centrali elettriche a gas (turbogas) in Italia o in altri Paesi per consentire maggiori profitti alle multinazionali, mentre paradossalmente impianti di questo tipo non esistono in Nigeria, dove nelle case delle popolazioni non esiste l’energia elettrica.
Oltre a questo si dovrebbe cercare una strada che consenta contrattualmente alle popolazioni locali di ricevere parte degli utili enormi ricavati dalle risorse che le Compagnie estraggono dalle loro terre.
Nigeria: a destroyed population
by Alessandro Ambrosin – (translator Susanne Bech)
Raul Mantovani, Paolo Cacciari, Alì Rashid and Sabina Siniscalchi from the Prc have made a parliamentary query as a consequence to the last tragic episodes that took place in Niger Delta. The Italian government, which presence is strongly felt in this territory through ENI, is asked to get on a footing with the new Nigerian parliament. The demands stated by the Prc are clear and explicit. In the query ENI is asked to reconsider its exploitation of the oil in the Delta region, to clean the territory from pollution and to guarantee a positive economical income to the local population. If ENI does not respect the security conditions and do not collaborate it will be asked to renounce its concession and withdraw from the area. All prerogatives which might give a positive result to a dramatic situation that strikes the population and the territory of the Niger Delta.
Nigeria, which is the most populated state of Africa with its 132 million inhabitants, has been a victim of violent territorial destruction during the last fifty years. Massacre and violation of human rights do not arise any attention anymore, only some clamorous episodes capture the press’ interest for a moment and then they are forgotten.
The state of Nigeria is the worlds eighth biggest producer of oil supplying 2.5 million barrels per day. The Niger Delta area, rich of black gold, has always been the multinationals most desired territory for big companies like Shell which controls almost the half of the raw petroleum, followed by Total, Mobil, Elf, Texaco, Chevron and the Italian Agip. The huge industrial colonisation begins at the end of the fifties. A military protection against any rebellion from those native communities that opposes this programme is obtained by paying great amounts to Nigerian governors.
The 250 ethnical minorities expropriated from their natural habitat are the first ones to pay the sad consequences: They are forced to leave the territory to give room to the new settlements of extraction and elaboration of the raw petroleum.
If, on one hand the abuse of the territories have let to an ecological destruction never seen before, then on the other hand the social condition of the Nigerians have undergone an enormous impoverishment. The huge amounts of money the multinationals gain in complicity with the government are in contradiction to the real conditions of the Nigerians who are trying to survive with a dollar a day in depressed areas without drinkable water and without drainage. An environment threatened by pollution and epidemics. The deforestation, the leakage of raw petroleum coming from the wells and from the pipes have created a situation which cannot be justified anymore. Unlike other wells the leakage of gas is not being recovered but burned. This usage – gas flaring – is adopted by all the multinationals in the Niger Delta. The consequence is dramatic because Nigeria is the country that lets out most CO2.
In November 2004 Amnesty International drew up a report entitled – Nigeria: human rights in the oil pipeline-, where the constant violation of the human rights that the Nigerians daily suffer emerges. The social and ecological conflicts brought forward by the local population have reached dramatic epilogues. Ken Saro-Wiwa, guilty of denouncing and fighting for the defence of the territory and of the populations, was hanged, condemned by a false trial, together with other eight co nationals on November 10 1995. This was unfortunately not the only case, the repression against a population which is guilty of claiming its rights remains. In the Niger Delta the multinationals, thanks to the support of a corrupted government, take advantage from a particular concession which gives them every legal right in the territory and which makes them totally careless of anti-pollution politics.
We have met Edo Dominici from Onlus ASud, an Italian association that since 2003 supports social and native movements of the world through an international cooperation project.
The impossibility to pick up news from Nigeria sometimes originate misleading interpretations, a consequence of a well studied manipulation. The fact that we talk too little about Nigeria remains. Why is that?
In this territory the news sources are very few and all controlled by the multinationals and/or by the Nigerian government. They both have an interest in manipulating the reality of which they are themselves responsible. December 26 for example, when Abule Egba in the north of Lagos after an explosion opened a gap in the oil pipe and 500 hundred people died, everybody ran to the place, pushed forward by the limit of survival, to fill cans and bottles with the precious black gold. The local press spoke about a sad incident caused by a theft attempt. April 21 2004 the Cronica, a Spanish daily, gave a picturesque image of the dissidents, describing the ethnic group Ljaw as – a population that wears amulets to be invulnerable against bullets-. There are no doubts that the news wanted to reduce the capacity of conducting serious political request.
How do you trace the news in these places and what kind of collaboration have you got with Nigeria?
Thanks to internet we have lately been able to follow the events of Nigeria. Our association, ASud, has a collaboration deal with the MOSOP in Italy (The ogoni of Saro Wiwa). We have installed an intercourse with Italian journalists and organisations that follow the Nigerian case and with whom we have a continuous exchange of information. Besides this we also have a relationship with a Nigerian Ong who operates directly on Delta.
The attacks on the wells and the kidnapping made by MEND on one side, and the repression by the government on the other have reached levels never seen before. You only have to think about the 200 dead people after the election of the new president Yar’Adua. What did you do in this situation?
I must state beforehand that MEND (Movement for the Emancipation of the Niger Delta) did not want to interfere with the election. “The scarce reliability of the election – Jomo Gbomo, the spokesman of MEND, has declared – will not bring any change, in fact to avoid any false interpretation on April 4 (15 days before the election of ndr) we freed all the hostages”. Those who today sabotages the multinational’s settlements are mainly but not only the guerrillas of the Movement for the Emancipation of the Niger Delta (MEND).It is not a guerrilla organization in the old meaning of the word but more like an umbrella which encloses different acronyms and components. An “operating” fragmentation that reflects the ethnic and social complexity of the Delta region. Our Association has begun to denounce what was going on from the beginning of 2006 when MEND demonstrated all its capacity in action and in intervention in the area of Delta. The actions have intensified during 2006 and more than 80 foreigners have been kidnapped to be released later in the area. From the beginning we have made the situation known as – a war of low intensity hidden by multinationals –controlled by the media, in particular by ENI for what Italy is concerned. In December 2006 we launched the first appeal to the Italian government, together with Father Zanotelli and other organizations to “free hostages and purify Nigeria”. February 6 2006 we met the president of the chamber Fausto Bertinotti, chief of the chamber Gennaro Migliore and the minister of environment, Pecoraro Scanio to announce the danger of the situation asking to interfere swiftly with ENI.
The kidnapping of technicians of the oil companies as well as the attacks on the wells of the multinationals are multiplying. It seems to be the only way to get the public opinion’s attention. Are you able to operate and organize yourselves in these places in spite of the dramatic situation?
It is true, even MEND does not deny it. The kidnappings are used to get the public opinion’s attention on the dramatic life conditions of the Delta population, especially the Ljaw which is with its 14 million inhabitants the poorest Nigerian ethnic, and where the members of MEND come from. Struggling against thousands of difficulties as I have already underlined, our activity is operating mainly on national territory by an immense operation.
Could MEND mark a beginning of a positive change for this population or considering the rampant corruption might it end up by obtaining a piece of this multi millionaire market. What is your opinion?
We do not know how MEND have brought forward its battle but we have pointed out the reasonableness of its requests. Legitimate needs, such as to put an end to the plunder of the territory, an equal division of the oil, a refund for the ecological debt and an elimination of the military presence. The Nigerian army in fact, has often marked itself by the brutality of the repression. In August after the disastrous dialogue between the government and the strong powers of the multinationals, the army has given way to series of “rounding up” operations. Half a score of civilians were killed and the villages suspected of helping the guerrillas were razed to the ground.
Is there any hope…….
We think so.
But a collaboration on both parts is necessary, first of all by the multinationals which have an enormous liberty of action and a huge influence on the Nigerian government. We believe that the multinationals of the rich countries have given the Delta population a great ecological debt. In a fluvial and fragile ecosystem between mangroves and antique ethnics, where the populations once lived on agriculture and fishing, now are confined in inhuman conditions.
The forest is invaded by flames from the oil wells and from the explosions caused by the devastating phenomena of the gas flaring, a usage moreover, illegal in many parts of the world. The plumes of smoke are so great that they clearly can be seen from the satellites. Gas flaring scatters toxics into the air like benzene causing an increase of cancer and respiratory sicknesses like bronchitis and asthmas among the local population.
The rivers are by now a blackish and polluted magma.
We propose that that gas gets recovered and used for the development of the local population, but the companies, first of all ENI, are building 3 liquidizers to export the gas to the European and American plants committing an ulterior theft of the resource. The Nigerian gas will be used by the various electric plants in Italy and other countries giving the multinationals larger profits while paradoxically plants of this type do not exist in Nigeria because they do not have electricity in their homes.
Apart from this, a new way should be found to give, by contract, the local population a part of the income gained from the resources which the companies extracts from their land.