Come sapete in questi giorni vicino al Circo Massimo, nella sede della FAO, si tiene il vertice sull’alimentazione. Si è costruita una vera e propria zona “rossa” con un perimetro enorme, chiudendo addirittura il vialone di Caracalla e V.le Aventino da P.zza Albania (Piramide) e tutta la zona del Circo Massimo. Un’esagerazione con dispiego di uomini e mezzi.
Per introdurre il vertice vi invito a leggere un bell’articolo pubblicato dal sito di Carta (www.carta.org), che vi allego:
Oggi, in una Roma blindata, è cominciato il vertice sull’alimentazione organizzato dalla Fao. Le polemiche, ben prima che il vertice cominciasse, non sono mancate. Dalla presenza di Ahmadinejad [prima visita in un paese europeo], a quella del presidente dello Zimbabwe, Mugabe [ospite indesiderato in Europa]. Una quarantina di capi di stato e di governo, più una cinquantina di ministri, parleranno di povertà, crisi climatica, alimentazione, agrocarburanti. Secondo Jacques Diouf, direttore generale della Fao, serve «un piano d’azione di 30 miliardi di dollari l’anno per uscire dalla crisi alimentare mondiale».
L’impennata dei prezzi sul cibo è evidente; in Senegal ad esempio, un chilo di riso è arrivato a costare un euro, a marzo costava 22 centesimi. Se la situazione rimane così com’è, ha detto Diouf, «gli obiettivi di sviluppo del Millennio per ridurre di metà il numero degli affamati entro il 2015 saranno raggiunti, forse, solo nel 2050». A dare il via ai lavori è stato il presidente della repubblica Giorgio Napolitano; seguito dal segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-Moon che ha proposto l’aumento del 50 percento di derrate alimentari in più, entro il 2030. Secondo Ki-Moon l’attuale crisi alimentare «può diventare un’opportunità e una possibilità concreta per rivedere le strategie politiche di sviluppo» verso il sud del mondo, attraverso programmi di micro-credito e di aiuto ai piccoli agricoltori. Un duro attacco arriva da Lula, presidente del Brasile: «Ogni notte più di 800 milioni di persone in tutto il mondo vanno a dormire senza aver mangiato: ciò è un insulto all’umanità». Secondo il presidente, l’aumento dei costi del cibo dipende dall’aumento delle quotazioni di petrolio, che va ad incidere sui costi dei fertilizzanti e dei trasporti; dalla speculazione nei mercati finanziari, dal calo degli stock mondiali, dall’aumento della richiesta di cibo dei paesi i poveri e da «le assurde politiche protezionistiche nell’agricoltura dei paesi ricchi». Lula ha poi elogiato gli agrocarburanti e ha annunciato la decisione di chiedere all’Onu la convocazione di una conferenza internazionale sui cosiddetti biocombustibili.
Al vertice Fao ha parlato anche il presidente francese Nicolas Sarkozy, proponendo una task force di scienziati contro la fame nel mondo. Secondo il premier spagnolo Zapatero invece bisogna aumentare gli aiuti destinati alla cooperazione e allo sviluppo e dare una svolta all’agricoltura, aiutando i piccoli produttori. Bisogna poi elaborare una Carta dei diritti alimentari che sigilli, una volta per tutte, l’impegno di tutta la comunità internazionale: «Spero che questa crisi sia un grido di risveglio» ha concluso il presidente del governo spagnolo. Il presidente dell’Iran Ahmadinejad punta il dito invece contro chi attacca il programma nucleare del suo paese. «E’ un’energia pulita ed economica», dice. Parla poi di interferenze da parte di quelle nazioni che «da un lato tengono artificialmente alti i prezzi del petrolio, dell’energia e delle tasse dei loro consumi e incoraggiano i biocarburanti ricavati dai prodotti agricoli e dall’altro ne fanno il pretesto per aumentare i prezzi delle derrate alimentari». Il presidente iraniano propone infine «un’istituzione indipendente e potente, per regolare in modo efficiente il mercato alimentare».
Contemporaneamente, la società civile, si muove. Sono gli attivisti di ActionAid, la ong che ha lanciato la campagna «Hunger free», che dovevano piazzare uno striscione lungo duecenyo metri al Circo Massimo con scritto «Stop al business della fame», ma sono stati bloccati dalla polizia, per motivi di sicurezza, dicono. Un vero e proprio controvertice, dove ad essere messe in accusa sono le potenti mutinazionali. Secondo ActionAid la fame del mondo è la conseguenza di scelte politiche sbagliate, che spesso privilegiano gli interessi delle grandi corporation, «Cinque multinazionali controllano più dell’80 percento del mercato mondiale di cereali, nel 2007 hanno accresciuto i loro guadagni grazie alle politiche che incoraggiano sussidi e la produzione di biocarburanti». Le multinazionali guadagnano sulla fame nel mondo: «I profitti di Archer Daniels Midland sono aumentati del 67 percento, quelli della Cargill del 36 percento, ConAgra del 30 percento, Bunge del 49 percento» e così via. Marco De Ponte, capo delegazione di ActionAid al vertice Fao, spiega come, secondo la ong, si potrebbe intervenire per scongiurare la crisi alimentare: «Ricostruire le economie alimentari nazionali per garantire alle popolazioni locali l’accesso al cibo […] Stop immediato ai sussidi per biocarburanti, che ha prodotto la riduzione delle terre coltivate a fini alimentari a favore della produzione di biocarburanti». Gli Stati uniti devono inoltre rimuovere «ogni sussidio alla produzione di etanolo». L’Unione europea invece deve bloccare «ogni incoraggiamento alla produzione di biocarburanti tramite l’utilizzo di coltivazioni ad uso alimentare».
Io ho la tua opinione, non quella di Lula!
La fame del mondo è solo la conseguenza di scelte politiche sbagliate che privilegiano il profitto di “alcuni” a discapito di milioni di persone. Il nodo è sempre lì caro Edu. Sui biocombustibili, sinceramente, ho un opinione molto differente da quella che ha il presidente Lula…