Henry Okah, processo segreto. MEND: “Operazione Ciclone”.

domenica 4 maggio 2008 → 2:04 in Nigeria

Ieri l’Alta Corte federale di Jos ha stabilito che il processo ad Henry Okah si terrà a porte chiuse.
E’ stato respinto l’ultimo ricorso presentato dall’avvocato Femi Falana contro la decisione della Corte Suprema Federale di Abuja che aveva richiesto il processo “segreto”.
Per altro, sempre i giudici hanno annunciato che un secondo detenuto, Edward Oritsebugbemi Atatah, anche lui considerato uno dei leader del movimento, è invece stato rilasciato, prosciolto da ogni accusa.
Il giudice Stephen Adah ha concordato con il pubblico ministero Salisu Aliyu sul fatto che un processo pubblico a Henry Okah metterebbe a rischio la sicurezza Nazionale.
Il MEND (Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger), in una mail firmata Jomo Gbomo, dice di non essere sorpreso dalla decisione che ritiene completamente “assurda” .
Il tribunale in un primo tempo ha permesso ai giornalisti di seguire il procedimento, ma li ha diffidati dal partecipare alle fasi successive del processo stesso invitandoli alla “massima discrezione”.
Dopo la sentenza è iniziato il procedimento vero e proprio. A Henry Okah sono stati letti i capi di accusa. Femi Falena ha protestato perché il suo cliente non era a conoscenza delle accuse contro di lui, e non ha potuto preparare la sua difesa come richiede la legge.
Il giudice ha respinto le proteste, a quel punto Okah ha dichiarato che pur essendo stato tradotto illegalmente dall’Angola ormai da tre mesi, ha visto il suo avvocato per soli 30 secondi, in questo periodo è sempre stato tenuto segregato e solo per due volte ha potuto vedere la luce del giorno.
“Sono detenuto in Nigeria da tre mesi e ho parlato con il mio avvocato solo 30 secondi. Sono stato chiuso al buio e i miei diritti sono stati calpestati”.
Da quel momento in poi Henry Okah si è rifiutato di rispondere alle domande dichiarando che non dirà più nulla fino alla fine del processo.
Il giudice Adah ha chiesto a quel punto all’avvocato Falena se era a conoscenza della decisione del suo cliente di non rispondere alle domande e Falana ha risposto di sì.
A quel punto il giudice ha detto di non avere alternative e ha aggiornato il processo al 10 Giugno.
Falana in precedenza aveva protestato lungamente contro l’assenza di giornalisti e uscendo dalla seduta ha dichiarato che impugnerà la decisione di far iniziare in questo modo il processo.
“Nel frattempo ci aspettiamo una riflessione da parte dei giudici e del governo per evitare la grande ingiustizia che si stà preparando sul Delta del Niger con il sostegno degli Stati Uniti d’America e delle compagnie petrolifere operanti in Nigeria.”.
Il MEND ha detto che era preparato a questa eventualità dichiarando che “saranno le nostre azioni nelle prossime settimane e mesi a esprimere le nostre sensazioni. “.
Anche il presidente delle comunità Ijaw Edwin Clark si era espresso contro il processo segreto dichiarando che il popolo Ijaw era pronto a resistere e contestare le decisioni del tribunale.
Già la settimana scorsa il Mend aveva lanciato l’Operazione Ciclone attaccando diversi impianti della Shell e della Chevron che hanno ridotto di oltre 500.000 barili al giorno la capacità estrattiva della Nigeria.
“Le compagnie petrolifere minimizzano – ha dichiarato il Mend tramite la solita mail a firma Jomo Gbomo – ma il Mend continuerà i suoi attacchi fino a quando non avremo danneggiato ogni oleodotto e gasdotto del Delta del Niger prima di procedere alla fase successiva dell’operazione Ciclone”.
La risposta alla sentenza di ieri non si è fatta attendere. Oggi i militanti del Delta hanno fatto saltare in aria tre pozzi petroliferi gestiti dalla Royal Dutch Shell, nel loro quinto attacco nelle ultime settimana contro l’industria petrolifera come riferiscono fonti della sicurezza.
L’attacco- come riferisce la Reuters da Lagos – nell’impianto di Diebu nello stato meridionale di Bayelsa è arrivato il giorno dopo che un tribunale nigeriano ha ordinato che il processo al leader ribelle Henry Okah abbia luogo a porte chiuse, scatenando la minaccia di rappresaglie da parte del ribelle Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend).

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